op 154.2 Edifici annessi alla villa Muggia nel podere Bel Poggio a Imola (Bo), 1936-38

opera 154.2

Edifici annessi alla villa Muggia nel podere Bel Poggio a Imola (Bo), 1936-38

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La commessa affidata a Bottoni è fra le più ampie e allettanti: realizzare da un lato un complesso di edifici necessario alla riorganizzazione di un ampio podere a produzione mista (uva, cereali, frutta) già parte di una antica proprietà nobiliare, e dall’altro la villa destinata a casa di campagna per la famiglia del proprietario, Umberto Muggia, e per quelle dei suoi due figli sposati. Ne nasce un progetto articolato a scala territoriale, «un piccolo piano regolatore» (Una intelligente, 1940, p. 78), che oggi il linguaggio disciplinare definirebbe «di recupero dei beni storici e ambientali». La metodologia adottata appare infatti molto più matura e ricca dell’atteggiamento fino ad allora espresso dallo stesso Bottoni nei progetti urbanistici relativi ai centri storici. Punto cardinale dell’intervento imolese è la costruzione della villa che ingloba una parte dell’antico fulcro del parco padronale: un casino di caccia del Settecento, abbandonato e ridotto in pessime condizioni.
Una volta vinte le diffidenze del proprietario, che riteneva «impossibile adattare la costruzione antica alle necessità di una moderna casa di campagna» (ivi, p. 78), Bottoni, coadiuvato da Pucci, si misura con il difficile compito di incastonare la parte più preziosa e meno compromessa della costruzione settecentesca – il grande salone tardo-barocco – in un ampio e confortevole edificio moderno. Viene invece sacrificata la restante parte dell’edificio per i costi proibitivi del recupero e la prevedibile inadeguatezza del risultato. I progettisti avrebbero infatti avuto a che fare con un rigido impianto difficilmente adattabile ai nuovi bisogni e alla nuova sensibilità architettonica, dato che questa parte della vecchia costruzione era disimpegnata su entrambi i piani da una galleria centrale su cui si affacciavano due coppie di stanze prive di qualsivoglia servizio. Il bilancio tra ciò che è stato tolto e ciò che è stato costruito è decisamente favorevole a quest’ultimo. Non si tratta però solo di un lavoro condotto per sottrazioni e aggiunte, ma, come ha scritto Agnoldomenico Pica, di «una interessante soluzione di moderna contaminatio fra antico e nuovo» (Pica, 1941, p. 45), dove antico e moderno traggono mutuo arricchimento. Il salone barocco vedrà accresciuto il suo carattere di luogo eccezionale, atto ad accogliere gli ospiti per i riti dei ricevimenti e delle feste. Lo conferma anche la presenza sui lato est della parte nuova di un atrio ingresso concepito per gli usi più comuni (senza trascurare le altre sei aperture che mettono in comunicazione diretta i nuovi locali del piano terra con il parco).Le stesse trasformazioni operate all’interno della parte antica ne accrescono le valenze scenografiche. Il pavimento del salone, prima collegato all’esterno solo dalla scala monumentale, è abbassato da quota 2,85 a quota zero(per la precisione 0,05), in modo da renderlo accessibile direttamente dal parco attraverso due porte vetrate, ricavate dall’allargamento delle due porte d’accesso allo scantinato e come queste disposte simmetricamente. L’ingresso originario è mantenuto grazie all’inserimento di una sorta di ponte sospeso che, oltre a fare da collegamento fra le due scale barocche, quella esterna e quella interna, ha anche il compito di sorreggere le quattro coppie di colonne con capitelli compositi su cui poggiano la volta centrale e quelle laterali. Ciò esalta e complica gli effetti spettacolari. A quota 2,85 si stabilisce un più serrato rapporto fra gli stessi elementi barocchi sia nella direzione in cui si distende il «ponte» sia tra la parte sospesa e quelle laterali abbassate. L’intrecciarsi di queste ultime in un gioco potenziale di sguardi infonde allo spazio un carattere teatrale, mentre il determinarsi di un nuovo punto di osservazione delle colonne e delle volte da una quota ribassata sembra proporre al vero l’irrealtà degli spaccati assonometrici. Teatralizzazione da un lato e senso di distacco dall’altro connotano così i rapporti fra nuovo e antico. L’antico genera il nuovo, ma nel fondersi con questo viene nel contempo «sollevato» dando luogo a una situazione vagamente onirica, come se solo il sogno potesse operare veramente l’innesto tra gli stili e la continuità della vita. L’abolizione, sul nudo rettangolo della facciata, di ogni apertura in contrasto con la configurazione originaria, e la chiusura delle due finestre che invece si aprivano inizialmente sulle pareti laterali del salone d’ingresso consentono di estrarre dalle preesistenze barocche una energia espressiva da investire nello sviluppo del resto dell’edificio. I nudi fronti laterali possono così distendersi in volumi puri entro i quali trova modo di innestarsi il motivo dei balconi e dei loggiati. Ma l’opposizione fra le superfici lisce della testata e le scansioni ritmiche delle aperture della nuova costruzione è in funzione di un’assoluta complementarietà delle parti: mentre i volumi estroversi dei balconi e dei loggiati annunciano l’ospitalità dei luoghi più domestici, il volume puro che racchiude il salone di rappresentanza sembra voler celare un segreto: la fantasmagorica esplosione di forme e colori dell’interno. In tal modo, quotidiano e fantastico si toccano, mentre invito e sorpresa legano l’interno e l’esterno di villa Muggia. Nel vero e proprio incastro che salda le due parti – quella nuova e quella antica – luna trae dall’altra ulteriori tensioni ordinatrici. La scala barocca e il passaggio che l’attraversa a quota 2,85 sono l’origine dell’apparato distributivo che organizza i singoli piani e le connessioni tra questi. Mentre la scala barocca è utilizzata per raggiungere la terrazza ricavata sul tetto e i locali per le persone di servizio che vi si affacciano, il passaggio (che prolunga il «ponte») è collegato al piano terra e al primo piano da una scala posta al centro della nuova costruzione. Il blocco centrale delle scale fa da cerniera tra il salone di rappresentanza e il patio attorno a cui si snoda la nuova costruzione: come in un’ideale bilancia, al massimo di esteriorità espressiva del primo fa da contrappeso l’internità socializzante del secondo. Questa corte, che richiama l’impluvium della casa romana, è il fulcro che ordina l’interno. Attorno ad essa, al piano terreno si articolano gli spazi collettivi della casa (la sala da pranzo, una galleria che anticipa il soggiorno, la sala da musica e quindi il soggiorno vero e proprio), mentre al piano superiore un corridoio, circondando il patio su tre lati, disimpegna una lunga successione di camere organizzate a gruppi attorno a un sistema di quattro bagni. Si ottiene così che, mentre i luoghi della privacy sono rigorosamente protetti, quelli della socialità familiare risultano esaltati sia dalla successione di spazi a un tempo distinti e passanti (a formare una galleria) sia dalla dilatazione dei coni prospettici degli interni che in vari punti inglobano elementi del parco e del patio. Lo straordinario gioco di opacità e trasparenze tocca il punto più alto nella possibilità, per chi si trovi tanto nel passaggio che attraversa la scala barocca a quota 2,85 quanto nel vestibolo ricavato a quota zero nel salone di rappresentanza, di trapassare con lo sguardo l’intera parte nuova da sud a nord fino a intravedere sul fondo il parco e, più vicino, il verde del patio.
Qui, ma anche da molti altri punti di osservazione, il rapporto con la natura si dimostra un fondamentale elemento costitutivo di questa architettura. La straordinaria complessità e unità di villa Muggia trova coerenti sviluppi nella scelta dei materiali sia all’esterno che all’interno. L’intera «superficie esterna della muratura è intonacata con malta di cemento bianco e graniglia di marmo a larghi riquadri»(ivi, p. 15). All’interno i pavimenti del salone barocco sono rivestiti in marmo bianco di Carrara con giunti rosso Pompei, mentre quelli del soggiorno e della camera da pranzo sono in «marmettoni di marmo bianco di Verona misto a cemento duralbo nero, fra i quali campeggiano speciali pezzi di marmettoni composti uno per uno con colorazioni e mosaici di fiori fantastici fatti in vetro di Murano» (ivi, p. 76). Alcuni disegni a colori dimostrano quanto Bottoni abbia curato questi e altri particolari. Tra gli elementi che meritano particolare attenzione va richiamato lo studio degli interni che compongono la lunga L del complesso pranzo-soggiorno. La scelta di realizzare un tavolo ellittico lungo quattro metri in cemento armato, fissato al pavimento e ricoperto di cemento bianco e graniglia lucidati, intende affermare la centralità del rito del pranzo per i numerosi membri che compongono i tre nuclei famigliari. Nell’ampio ambiente tutto ruota attorno al grande tavolo, dalle sedie in tubo, prodotte in serie su disegno di G. Mucchi, alla vetrina pensile, dal mobile a scaffali fino alla lunga lampada a soffitto progettata per l’occasione. Un motivo realizzato sui pavimenti «in mosaico rosso e giallo e profili in mosaico di vetro» (ivi, p. 76) in sintonia con il rosso dei mobili, scioglie il senso di austera rigidità che proviene dalla forma assoluta del tavolo. Nella galleria del soggiorno, che si distende per ben 25 metri, appare di grande efficacia la fuga prospettica che abbraccia la successione degli ambienti e la loro interazione con le vedute sul parco. A ritmare e a frenare lo sguardo, alcuni mobili annunciano il carattere degli ambienti più raccolti: due poltrone e un tavolino rettangolare dalle linee essenziali segnalano la presenza del soggiorno (a sua volta imperniato su un camino a forma concava); tre sgabelli in acciaio cromato e più discosti un tavolino rotondo e un divano indicano da lontano il luogo della musica, con il bar posto a fare da cerniera tra questo e il soggiorno. Dominano i toni delicati dell’acero naturale e dei tessuti di canapa che rivestono poltrone e divani e con cui sono realizzati anche i tendaggi. Le persecuzioni razziali, la morte dell’antico proprietario e le vicende belliche fanno sì che questa casa venga abitata per pochissimo tempo. Ai danneggiamenti prodotti dalla guerra segue l’abbandono da cui non si è più risollevata. E questo uno dei casi in cui il restauro del moderno si impone. Di qualità per nulla inferiore sono gli altri tre edifici che completano il complesso e che sono stati costruiti, prima della ristrutturazione della villa, su progetto di Bottoni. «La particolare posizione e disposizione [dell’ingresso e dell’abitazione del custode], come pure degli altri rustici è […] in funzione della topografia del terreno, degli elementi già esistenti del giardino e delle strade di accesso ad esso nonché della posizione della villa» (ivi, p. 78).Bottoni individua in una pensilina a esedra, realizzata in cemento armato piccozzato, l’elemento capace di raccordare i due viali di accesso, l’uno alla villa e l’altro alla serra e alle abitazioni del personale di servizio. L’esedra, «mentre consente una convergenza assiale dei vari viali e una valorizzazione estetica del grande viale erboso [che conduce alla serra], crea all’esterno uno slargo utile per la manovra e la sosta dei veicoli, lungo la strada» (ibidem). Raccordato alla pensilina, si erge un edificio che ospita la portineria e l’abitazione del custode. Il corpo della camera da letto, sorretto sul davanti da due pilastri tondi, dà luogo a una zona protetta al piano terreno. La sua disposizione consente il controllo dell’ingresso dall’ampia vetrata del primo piano, il cui protendersi in avanti sembra interpretare con figura architettonica il ruolo del guardiano. Al termine del grande viale alberato che si diparte dall’esedra e costeggia il parco sul lato est è situato un complesso adibito a una molteplicità di funzioni. Vi trovano posto la casa del contadino-giardiniere, la serra, l’autorimessa, l’alloggio per gli autisti, la stalla per cavalli da sella, la rimessa del biroccino e degli attrezzi e, infine, la lavanderia. La chiara funzione di servizio spiega la collocazione di questo edificio a un tempo defilata ma poco lontana dalla villa. La parte centrale dell’organismo è costituita dal corpo allungato della serra, preesistente e ristrutturato con l’apertura di alte vetrate sul lato ovest e con l’aggiunta di un porticato sul lato est. Sui lati minori della serra sono disposti due blocchi più alti. Al piano superiore il blocco a nord ospita la casa del giardiniere (la cui cucina occupa anche parte del piano terra), l’altro, a sud, gli alloggi degli autisti. Al piano terreno sono invece dislocate, nel primo blocco, le rimesse degli attrezzi (con la stalla che fa da cuscinetto tra la serra e la parte più settentrionale) e, nel secondo, l’autorimessa e la lavanderia. Al fine di dare autonomia e dignità all’abitazione dei subalterni, il lato est riecheggia la corte di molti edifici rurali della Padania. Non a caso il porticato è rivolto verso la campagna e non verso la villa e i due corpi laterali che si protendono come a proteggerlo inglobano parte di un’aia con il pozzo. Resta da dire dell’edificio più propriamente adibito agli usi agricoli e in particolare alla raccolta e alla lavorazione dei prodotti. Il fabbricato è dislocato nei pressi della portineria, ai margini del parco, in modo da essere facilmente raggiungibile dalla strada. Anche in questo caso si ha una articolazione per blocchi ciascuno dei quali rispondente a tre cicli di stoccaggio e lavorazione: a sud è disposto il granaio costituito da un ampio locale impermeabilizzato, e dotato all’esterno di una banchina per lo scarico e il carico dei sacchi; a nord sono situati gli ambienti per la lavorazione dell’uva e del vino (un porticato, la tinaia e la cantina); al centro, infine, ma al piano superiore, è ospitato il deposito per le sementi speciali e altri prodotti, che utilizza l’ampio terrazzo, ricavato sul tetto dei corpi più bassi, come aia per l’essiccazione e la cernita delle sementi. Il tutto è risolto all’esterno con volumi puri, puntando sul contrappunto delle masse elementari e delle superfici trattate a intonaco bianco e mattone a vista. Varie tradizioni, da quella locale a quella mediterranea, si fondono in questo organismo, dove sembra vivere di vita autonoma e senza concessioni vernacolari la lezione tracciata da Pagano e Daniel nella mostra sull’architettura rurale presentata alla VI Triennale del 1936: un piccolo capolavoro, non meno significativo della villa che risorgerà di lì a poco a trecento metri di distanza.

Giancarlo Consonni
In G. Consonni, L. Meneghetti, G.Tonon (a cura di) Piero Bottoni. Opera completa, Fabbri, Milano 1990, pp. 259-263.Ritorna ai regesti dell’opera

  1. Ing. arch. P. Bottoni […], Milano. 1.Descrizione delle opere relative alla costruzione della casa del contadino e servizi, nel fondo Bel Poggio […]. 2. Descrizione delle opere relative alla costruzione del tinaio, cantina e granaio, al podere “Bel Poggio” […]. 3. Descrizione delle opere relative alla costruzione del cancello d’ingresso e della portineria, per la villa nel podere “Bel Poggio”. Dattiloscritto con correzioni manoscritte, timbrato, 8 cc./8 pp.
  2. Nota di chiarimenti e specificazioni, allegato al documento descritto al punto precedente. Dattiloscritto con integrazioni manoscritte, 1 c./1 p.
  3. Computo metrico estimativo, bozza. Manoscritto, 4 cc./7 pp.
  4. Idem. Dattiloscritto, 3 cc./3 pp.
  5. Capitolato d’appalto. Dattiloscritto, 5 cc./5 pp.
  6. Preventivo di spesa per la costruzione dello ingresso e della portineria a servizio della villa del podere “Bel Poggio” di proprietà del sig. comm. Umberto Muggia, Imola 28 aprile 1936. Dattiloscritto con correzioni manoscritte su modulo stampato, timbrato, 2 cc./7 pp.
  7. Preventivo di spesa per la costruzione del tinaio cantina e granaio a servizo del podere “Bel Poggio” di proprietà del sig. comm. Umberto Muggia, Imola 29 aprile 1936. Dattiloscritto con correzioni manoscritte su modulo stampato, timbrato, 2 cc/7 pp.
  8. Preventivo di spesa per la realizzazione della casa del contadino, tinaio, cantina, granaio e portineria nel podere Bel Poggio. Dattiloscritti e manoscritti, 28 cc./33 pp.
  9. Osservazioni […] ai preventivi relativi alla casa del contadino, alla cantina e granaio, all’ingresso e portineria. Dattiloscritto con correzioni manoscritte, 6 cc./6 pp.
  10. Casa rustica da costruirsi annessa al podere “Bel Poggio” in Imola, contratto fra Umberto Muggia e l’impresa Zini Adamo e fratello, 14 maggio 1936. Dattiloscritto, 3 cc./3 pp.
  11. I stato di avanzamento dei lavori eseguiti dalla Cooperativa muratori del comune d’Imola per la costruzione di due fabbricati al podere “Belpoggio” per conto del sign. comm. Umberto Muggia, Imola 5 agosto 1936. Dattiloscritto con correzioni manoscritte su modulo stampato, 1 c./3 pp.
  12. II stato d’avanzamento dei lavori eseguiti dalla cooperativa muratori del comune d’Imola per la costruzione di due fabbricati al podere “Bel Poggio” per conto del sig. comm. Umberto Muggia di Bologna a tutto il 28/8/1936, Imola 28 agosto 1936. Dattiloscritto su modulo stampato, con annotazione manoscritta, 1 c./4 pp.
  13. Preventivo di spesa per la costruzione di una chiavica con tubi di cemento del diametro di cm. 30 (annullato), Imola 5 settembre 1936. Dattiloscritto su modulo stampato, con la annotazione manoscritta: annullato, 1 c./1 p.
  14. III stato d’avanzamento dei lavori eseguiti dalla Cooperativa muratori del comune d’Imola per la costruzione di due fabbricati al podere “Bel Poggio” per conto del sig. comm. Umberto Muggia di Bologna a tutto il 30/9/1936, Imola 5 ottobre 1936. Dattiloscritto su modulo stampato, 2 cc./8 pp.
  15. IV stato d’avanzamento dei lavori eseguiti dalla Cooperativa muratori del comune d’Imola per la costruzione dell’ingresso e della portineria a servizio della villa del podere “Bel Poggio” di proprietà del signor comm. Umberto Muggia di Bologna a tutto il 20/11/1936, Imola 25 novembre 1936. Dattiloscritto su modulo stampato, 2 cc./7 pp.
  16. Idem. Dattiloscritto, 7 cc./7 pp.
  17. IV stato d’avanzamento dei lavori eseguiti dalla Cooperativa muratori del comune d’Imola per la costruzione di due fabbricati al podere “Bel Poggio” per conto del sig. comm. Umberto Muggia di Bologna a tutto il 20.11.1936. Dattiloscritto, 6 cc./6 pp.
  18. Lavori eseguiti in economia nella casa del contadino di proprietà del comm. Muggia e relativa nota di addebito. Manoscritto su modulo stampato, timbrato, 2 cc./4 pp.

a cura di Giancarlo Consonni

  • Una intelligente trasformazione e l’ampliamento d’una antica villa a Imola, in «Domus», a. XIII, n. 153, settembre 1940, pp.65-80 (con una premessa di P. [G. Ponti]).
  • Pica, Architettura moderna in Italia, Hoepli, Milano 1941, pp. 45-46, 164-167.
  • Sartoris, Gli elementi dell’architettura funzionale, Hoepli, Milano 1941.
  • L. Canella, R. Radici, Tavoli e piani d’appoggio, Domus, Milano 1948, p. 84.
  • G. Gr. [Gresleri], Piero Bottoni, in International Style e Razionalismo in Emilia-Romagna: 1920-1940, numero monografico di «Parametro», a. XII, nn. 94-95, marzo-aprile 1981, pp. 45-46.
  • G. Bernabei, G. Gresleri, S. Zagnoni, Bologna moderna. 1860-1980, Patron, Bologna 1984, p. 88.
  • G. C. [Consonni], Villa Muggia ed edifici annessi nel potere Bel Poggio a Imola (Bo), 1936-38, […], in G. Consonni, L.Meneghetti, G. Tonon (a cura di), Piero Bottoni. Opera completa, Fabbri, Milano 1990, pp. 259-263.
  • E. Brighi, M. Magnani, Restaurare il moderno, Villa Muggia di Piero Bottoni e Mario Pucci: storia di un’Architettura ormai dimenticata, in FRAMES, n. 30, 1991, pp. 54-59.
  • F. Castellari e M. Pasotti, Anatomia di una rovina del Moderno/Villa Muggia a Imola, in «Parametro», a. XXVII, n. 214, maggio-giugno 1996, pp. 15-56 passim.
  • Franco, A. Massarente, M. Trisciuoglio, J. Navarro Baldeweg, L’antico e il nuovo: il rapporto tra città antica e architettura contemporanea: metodi, pratiche e strumenti, Utet libreria, Torino 2002, pp. 10-12.
  • G. Consonni, Piero Bottoni a Bologna e a Imola. Casa, città, monumento. 1934-1969, Ronca, Cremona 2003, pp. 25-28.
  • Del Curto, Villa Muggia a Imola: che fare?, in Atti del XX convegno “Scienza e Beni Culturali – Architettura e Materiali del Novecento, conservazione, restauro, manutenzione”, Bressanone 12-15 luglio 2004, a cura di G. Biscontin e G. Driussi, Arcadia Ricerche, Venezia 2004, pp. 1021-1028.
  • l.b., Villa Muggia torna a vivere, in «LeggiLaNotizia», 13 settembre 2016.
  • G. Bolognesi (a cura di), Villa Muggia al Bel Poggio di Imola: una storia incompiuta, Thèodolite, Imola 2016.

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