Architettura, Urbanistica e Design (1924-1973)

op. 60.1 – Mobili per casa Forti a Milano, 1931

opera 60.1

Mobili per casa Forti a Milano, 1931

op060 1 copertina

Dal maggio del 1931 fino ai primi di febbraio dell’anno successivo Bottoni è assente dall’Italia, ufficialmente per un lavoro commissionatogli dall’Indanthren, in realtà per tentare di superare una delusione amorosa. Dopo essere stato ospite del prof. Selck, dirigente dell’I.G. Farben industrie a Oberursel am Taunus presso Francoforte sul Meno, da settembre è a Parigi dove trova occupazione saltuaria presso alcuni studi di architetti. Nei cinque mesi di permanenza nella capitale francese, oltre a scrivere articoli per riviste italiane, svolge una attività progettuale autonoma nel campo dell’arredamento, sia studiando mobili per la produzione di serie sia disgregandone altri per conto di clienti che intendono completare l’ammobiliamento delle loro abitazioni. Per questo carattere piuttosto frammentario degli incarichi, l’attenzione è spostata sul mobile singolo, campo nel quale Bottoni trova comunque modo di ottenere risultati di elevato livello tecnico e architettonico. Per la gran parte i disegni di questo periodo sono eseguiti da lui personalmente, mentre per il contatto con la clientela e con gli artigiani egli si affida alla collaborazione di Leone Carmignani. La fitta corrispondenza che Bottoni intrattiene con il suo collaboratore illumina diversi aspetti dell’attività progettuale, compresi i rapporti con i committenti e le ditte esecutrici. Emerge in primo luogo il grande bagaglio di conoscenze tecniche accumulato da Bottoni in poco più di tre anni di attività nell’ambito della progettazione e della realizzazione di mobili. In secondo luogo, si intravede fin d’ora come egli lavori in senso cumulativo, fin da subito orientato alla costruzione di un proprio campionario di invenzioni, prima ancora che di tipi e di forme; un campionario continuamente aggiornato, intrecciato e adattato situazione per situazione. Emerge già, infine, una modalità gestionale che diventerà regola negli anni successivi: pur progettando per il singolo cliente, l’architetto non cede a questi, né tanto meno all’artigiano, la proprietà del suo lavoro intellettuale, riservandosi di eseguire uno stesso mobile per altri. L’architetto stesso si trasforma in venditore dei suoi stessi mobili, che egli fa eseguire dando vita a piccole produzioni di serie, di «tiratura» limitata e commisurata alle ordinazioni. Ciò, almeno fino alla metà degli anni Trenta, non andrà a scapito dell’invenzione che invece continuerà ad arricchire in modo considerevole il «campionario». Nel periodo parigino Bottoni porta a termine la progettazione e l’esecuzione di mobili per casa Sebock e casa Forti a Milano, e per casa Davoli a Varese (Sant’Ambrogio Olona). Per l’appartamento del dott. Sebock, dirigente bancario, Bottoni, oltre a completare l’arredamento della cucina (nella quale erano finiti alcuni mobili della Casa elettrica acquistati dopo l’esposizione di Monza del 1930), progetta, fra l’altro, un oggetto dalle forme insolite: una poltroncina in cui l’apparente pesantezza della grande H del prospetto rivela, appena di scorcio, il contrasto fra la larghezza delle fasce del legno e il loro spessore. Vista di lato e da dietro, la poltrona mostra una dinamica in crescendo, ben riassunta dalla forma continua del bracciolo che si prolunga nelle larghe fasce verticali che concludono perentoriamente il fronte, entro il quale tutta la parte posteriore appare inscritta e quasi appesa. In casa Sebock notevoli sono anche gli armadi. Due di essi sono ottenuti dall’incrocio con dei cassettoni e presentano partiture rimarcate dalle larghe maniglie cromate dei cassetti; un terzo ha invece linee semplicissime, rese delicate dall’accostamento delle superfici di ontano chiaro naturale con le lunghe maniglie di galatite bianca e con lo zoccolo arancione. Tra gli arredi progettati per l’appartamento dell’ing. Forti, merita di essere ricordato il singolare mobile metallico destinato a credenza. La parte centrale ad ante scorrevoli è sorretta da due parallelepipedi allungati posti di spalla ed è coronata da un basso vano in cui è inserito un semicilindro di metallo bianco, costituito da sei cassetti triangolari con maniglie per alimenti crudi (riso, pasta, fagioli), del tipo già impiegato per la credenza della Cucina elettrica. Due bocchette circolari sulle ante delle fiancate destinate a contenere i cibi contribuiscono a mantenere in equilibrio il vago antropomorfismo e la rude nudità del mobile da attrezzi. Le spigolose fattezze di questa sorta di robot sono un poco ammorbidite dal beige delle superfici laccate, che raccorda il nero dello zoccolo in linoleum con il bianco delle grate in porcellana. Dell’arredamento per la casa Davoli a Varese va citato almeno l’originale portadischi, nel quale la ricerca della soluzione ingegnosa non è disgiunta da una eleganza essenziale. Il mobile, che fa da involucro alle cento guide-supporto per altrettanti dischi, trova tale eleganza nel connubio fra le semplici linee, rese scattanti dal basamento alleggerito dai ripiani in cristallo, e le vibrazioni delle superfici in rabano bianco.

Giancarlo Consonni

In G. Consonni, L. Meneghetti, G. Tonon (a cura di) Piero Bottoni. Opera completa, Fabbri, Milano 1990, p. 189-190.

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d. p. [A. Dal Pozzo], Moderni servizi della casa. Le cucine, in «Lidel», a. XIV, n. 6, giugno 1932, pp. 44-46.

Mobili razionali per cucina, in «Domus», a. V, n. 45, luglio 1932, p. 4.Praticità dei mobili moderni, in «Domus», a. V, n. 60, dicembre 1932, p. 742.

M. Albini, La cucina moderna, in «Casa e lavoro», a. VI, n. 2, febbraio 1934, pp. 38-40.

G. Palanti (a cura di), Mobili tipici moderni, Domus, Milano 1934, pp. 6, 118-119.

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A. Marchi, Vetro nella cucina, in «Sapere», a. VI, n. 133, luglio 1940, pp. 24-25.

G. C. [Consonni], Mobili e arredamenti per le abitazioni Sebock e Forti a Milano e Davoli a Varese, 1931, in G. Consonni, L. Meneghetti, G. Tonon (a cura di), Piero Bottoni. Opera completa, Fabbri, Milano 1990, pp. 189-190.

Bibliografia a cura di Giancarlo Consonni

Appunti con schizzi. Manoscritto, 1 c./1 p.

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