Architettura, Urbanistica e Design (1924-1973)

op. 114 – Progetto del padiglione Salonit alla Fiera di Belgrado, 1935

opera 114

Progetto del padiglione Salonit alla Fiera di Belgrado, 1935

op114 copertina

I padiglioni fieristici – le «baracche provvisorie» di cui parla nel 1936 Raffaello Giolli su «Casabella» – per il loro carattere effimero rappresentano negli anni Trenta uno dei pochi terreni in cui i fermenti nuovi dell’architettura hanno potuto esprimersi senza incontrare molti ostacoli da parte del mondo accademico. Pur rientrando in uno di questi casi, il progetto studiato in ogni dettaglio da Bottoni per esporre alla Fiera di Belgrado i materiali da rivestimento Salonit non è però stato eseguito. Il pregio di questo progetto di allestimento sta nella sua capacità di comporre diversi estremi: il rispetto dell’uomo e le esigenze degli oggetti, il dinamismo e la quiete, l’esaltazione della tecnica e la memoria del passato. Scrive Bottoni: «il progetto ha come concetti informativi base: A) Gli elementi spettacolari […] B) Gli elementi reclamistici […] C) Gli elementi funzionali […] fra loro uniti in modo da ottenere un unico organismo atto a rispondere pienamente sia alle necessità estetiche e reclamistiche, che una costruzione del tipo richiede, sia alle necessità funzionali inerenti a una buona circolazione del pubblico» (P. Bottoni, Progetto per il padiglione «Salonit» a Belgrado, p. 1, dattiloscritto in APB, Documenti). il risultato è una architettura bifronte, una sorpresa nella sorpresa, aggressiva nel volto che esibisce all’esterno, dolce in quello che cela all’interno. Verso strada, come a voler captare l’attenzione dei passanti, il progetto punta infatti sulla spettacolarità del paraboloide a cascata d’acqua di 14 metri di altezza, nel quale sembrano trovare saldatura le reminiscenze scolastiche della grande volta in stile romano, progettata da Bottoni per il Padiglione di audizioni musicali, e una sensibilità plastica educata, anche dall’incontro con i futuristi, a coltivare l’espressionismo tecnologico oltre che la compostezza classica. Il padiglione, a «sezione trasversale leggermente trapezia», è formato «da due pareti a profilo semiparabolico, con struttura portante di montanti e traversi in legno e tiranti in diagonale in ferro con tenditori per la controventatura» (ivi, p. 4). Ad assicurare ulteriormente la stabilità delle pareti – si legge sempre nella relazione di progetto – vengono disposti «traversi in ferro a C NP. 12 nel cui canale è prevista la posa di impianti speciali di illuminazione della copertura»; inoltre «nella parte anteriore del padiglione […] a m 2,20 dal piano del pavimento è collocata la cabina ad uso ufficio informazione e vendita». Ne risulta una sorta di avveniristico abitacolo spaziale, reso trasparente all’esterno da «lastre di cristallo Securit», nel quale l’elemento spettacolare viene così a saldarsi con quello funzionale. Quanto alla copertura del paraboloide, tutta rivestita come le pareti laterali di lastre sagomate Salonit, su cui viene fatta scorrere l’acqua che forma in basso una cascata, essa è pensata per permettere all’architettura di dare spettacolo e ai prodotti Salonit di esibire le loro qualità direttamente in opera. «Tale cascata – scrive Bottoni – deve servire a dimostrare l’impermeabilità del Salonit e la perfetta sovrapposizione delle sue lastre mentre per altro lato sarà elemento decorativo di primissimo ordine» (ivi, p. 2). Anche il cortile, a cui si accede da un’apertura sul fianco del paraboloide, è composto in gran parte di elementi Salonit: la vasca dislocata lungo uno dei suoi lati, e che riceve dal paraboloide l’acqua della cascata, è rivestita in lastre Salonit; dello stesso materiale sono pure fatte le pensiline a sbalzo che corrono lungo tutto il perimetro e così pure i muri di cinta laterali, a eccezione di quello d’ingresso che è progettato parte in pietra e parte in «lastre di vetro retinato a maglia quadrata». All’interno elementi plastici Salonit colorati sono pensati per dar vita a vere e proprie sculture astratte mentre «sagome speciali di Salonit del tipo di quelle formanti i colmi dei tetti» servono a realizzare apparecchi luminosi «enormemente economici e resistenti alle intemperie». Ma l’insieme che compone questa internità non risponde solo a esigenze spettacolari e reclamistiche e neppure serve unicamente a distribuire la circolazione del pubblico in visita alla «mostra dei grafici di vario genere fotografici e disegnati», allestita sotto le pensiline. «Le panche di riposo all’aria aperta» e il «tappeto verde, in parte a fiori, nella zona intorno alla vasca», nel dialogo con le forme classicamente disposte e riposate della corte, dicono che Bottoni ha voluto ritagliare dentro al frastuono degli oggetti un luogo confortevole in cui il passante potesse, anche per poco, sostare e trovare ristoro.

Graziella Tonon

In G. Consonni, L. Meneghetti, G. Tonon (a cura di) Piero Bottoni. Opera completa, Fabbri, Milano 1990, pp. 237-238.

G. T. [Tonon], Progetto del padiglione Salonit alla Fiera di Belgrado, 1935, in G. Consonni, L. Meneghetti, G. Tonon (a cura di), Piero Bottoni. Opera completa, Fabbri, Milano 1990, pp. 237-238.

Progetto per il padiglione “Salonit” a Belgrado, relazione. Dattiloscritto con correzioni e integrazioni manoscritte, 13cc./11 pp.

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