Architettura, Urbanistica e Design (1924-1973)

op. 141 – Progetto del Municipio di Spilamberto (Mo), concorso, 1936, con Mario Pucci

opera 141

Progetto del Municipio di Spilamberto (Mo), concorso, 1936, con Mario Pucci

op141 copertina

Al concorso a inviti indetto dalla podesteria di Spilamberto partecipa ufficialmente solo Pucci, ma il progetto, anzi i due progetti elaborati per l’occasione, sono opera anche di Bottoni, come risulta, fra l’altro, da una lettera non datata da lui indirizzata a Legnani (copia in APB, Corrispondenza). Il bando richiama i concorrenti al rispetto del carattere monumentale dell’area: «il progetto […], pur rispecchiando l’evoluzione artistica dell’attuale epoca storica, deve collegarsi alle nobili tradizioni dell’arte italiana ed avere riguardo dei monumenti limitrofi» (in APB, Documenti). L’area prescelta, occupata da edifici di cui si prevede la demolizione, è situata fra la piazza del Littorio e la via Pasetto ed è contigua a un complesso medioevale costituito dalla porta, dalla torre e da resti di mura. Bottoni e Pucci rifuggono da ogni «ambientamento folcloristico tipo merli e torrette»; la presenza della torre antica consente anzi di sottrarsi a retoriche imitazioni: «Osserverai – scrive Bottoni a Legnani nella lettera sopra citata – che non abbiamo fatto l’immancabile torre dei nuovi palazzi comunali […] per non sminuire il valore della antica Torre medioevale che già ben rappresenta il carattere e l’aspetto della tradizione locale». Un accordo con questa tradizione è semmai ricercato nell’uso dei materiali (mattoni e intonaco per le pareti esterne e marmo di cava di Verona per i contorni delle finestre e per le scale). Ma è soprattutto alla coerenza urbanistica della soluzione architettonica che i progettisti affidano la coesione fra nuovo e antico. «Dello spazio messo a disposizione per la costruzione dell’edificio, è stata scelta la parte che è più vicina alla Porta medioevale. Questo allo scopo di isolare il più possibile, all’altra estremità dell’area, l’edificio separandolo dalla costruzione già esistente sul suo allineamento, ed avere una zona di possibile futuro ampliamento» ([P.B., M.P.] Concorso per il Municipio di Spilamberto. Motto: Urbs [Relazione], p. 1, dattiloscritto in APB, Documenti). Una simile giacitura del nuovo palazzo comunale avrebbe inoltre consentito di ottenere una seconda piazza, più piccola rispetto a quella prospiciente il fronte est, ma non per questo meno rilevante urbanisticamente in quanto avrebbe fatto da raccordo tra il nuovo edificio e la porta medioevale. Consapevoli di ciò, i progettisti uniformano l’altezza del nuovo edificio a «quella delle costruzioni che attorniano la torre»: «Per chi verrà dalla stazione – essi affermano – la parete del Municipio che in gran parte presenta superfici piene, manterrà il giusto senso delle attuali proporzioni degli edifici antichi che circondano la piccola piazza che si viene così a formare» (ivi, p. 3). Indicate le coordinate generali che legano l’edificio al contesto, è possibile esaminare i caratteri che esso assume nelle due versioni presentate al concorso. Va subito precisato che gli stessi autori preferiscono decisamente la soluzione B (lo conferma lo stesso Bottoni nella lettera a Legnani). Se presentano un’altra versione (la soluzione A) è per evitare di essere esclusi dal concorso dal momento che il bando poneva come condizione il contenimento della spesa entro il tetto di 250.000 lire, superato dalla soluzione ritenuta ottimale e non dall’altra. In tal modo essi sperano che lo stesso confronto faccia alla fine propendere per quello che ritengono il vero progetto. Lo sforzo tattico è premiato: alla proposta dei due professionisti va il primo premio. Ma ciò non porta, come spesso accadeva – e accade – in Italia, alla realizzazione dell’opera. Le due versioni hanno in comune diversi elementi sia di carattere funzionale che di carattere più propriamente architettonico. Per quanto riguarda la logica distributiva, in entrambi i casi è operata la distinzione dell’organismo in «due grandi gruppi di ambienti di cui uno destinato alla rappresentanza e l’altro all’amministrazione» (ivi, p. 5): del primo gruppo fanno parte gli uffici delle guardie, del conciliatore, del podestà e del segretario, oltre all’aula delle assemblee; del secondo i servizi di certificazione per il pubblico e gli uffici amministrativi. Analoga nelle due versioni è anche la dislocazione di altre funzioni: i servizi accessori (archivi, magazzini, autori. messa ecc.), collocati nel seminterrato; l’abitazione del custode, al pianoterreno; e, infine, l’appartamento del segretario comunale, che assume le caratteristiche di una villa sul tetto, disimpegnata da un’apposita scatola posta sull’angolo nord ovest dell’edificio. Comuni a entrambe le soluzioni sono tanto la configurazione volumetrica di massima, ispirata a «una classi linearità propria degli edifici comunali delle epoche auree dell’architettura italiana» (ivi, p. 3), quanto i materiali e i colori. I molti tratti in comune non impediscono il sussistere di differenze sostanziali. Esse si riferiscono soprattutto al fronte est e al modo in cui l’edificio si rapporta alla piazza. La soluzione A prevede un volume aggettante rispetto al parallelepipedo che racchiude il resto della costruzione. Lo stacco è sottolineato dal differenziarsi delle superfici: alla muratura continua di mattoni pieni «con giunto affondato secondo la antica tradizione emiliana» del parallelepipedo fa da contrasto il rivestimento del corpo aggettante dove il motivo dominante è il chiaroscuro ottenuto alternando «cinque corsi di mattoni con giunto sottile e un corso di rientranza» (ivi, p. 2bis). Così impreziosito, l’avancorpo può ospitare sia un’ordinata scansione di finestre e vetrate sia le aperture dell’ingresso principale e della sovrastante loggia, entro cui la funzione di «pulpito» di quest’ultima è quasi del tutto dissimulata, incoerenza con la controllata espressività dell’insieme. Nella soluzione B il piano rialzato – che nella soluzione A era a quota 0,60 metri – scende a quota 0,15 ed è formato da un corpo triplo ospitante gli uffici amministrativi rivolti al pubblico, che sono così direttamente accessibili, attraverso un «vestibolo», dalla piazza. Da questo basamento si innalza il corpo doppio del primo piano e del terrazzo su cui, nascosta da un alto muro, è situata la «villa» del segretario comunale. L’arretramento dell’edificio dal basamento consente di ricavare una «platea» che dà accesso diretto all’ufficio del podestà e che è raggiungibile dalla piazza attraverso una scala nascosta nel muro di contenimento della zoccolatura. «Con questa scala […] – annota di proprio pugno Bottoni a integrazione del dattiloscritto più volte citato – si è voluto riprendere una tradizione caratteristica dei palazzi italiani, ed emiliani in particolare, nei quali lascala esterna di accesso voleva anche significare il diretto contatto […] fra podestà e popolo» (ivi, p. 15). Per convincere i cinque membri della giuria del valore rappresentativo di questa soluzione, la relazione sottolinea anche come la «platea» «in occasione di cerimonie e adunate consenta alle rappresentanze ufficiali e alle autorità di assumere una posizione dominante e ben visibile sulla Piazza» (ivi, p. 16). Non sappiamo se questa fosse l’intenzione ultima che ha portato i progettisti a concepire quell’ampia terrazza sopraelevata. Certo è che, al di là di contingenti tentazioni celebrative, la terrazza si pone come elemento di integrazione fra la piazza e il palazzo, istituendo un gioco di compresenze e di sguardi che infondono al luogo l’unità propria di uno spazio teatrale.

Giancarlo Consonni

In G. Consonni, L. Meneghetti, G. Tonon (a cura di) Piero Bottoni. Opera completa, Fabbri, Milano 1990, pp. 246-247.

G. C. [Consonni], Progetto del Municipio di Spilamberto (Mo), Concorso, 1936 […], in G. Consonni, L. Meneghetti, G. Tonon (a cura di), Piero Bottoni. Opera completa, Fabbri, Milano 1990, pp. 246-247.

Bando di concorso. Dattiloscritto con annotazioni manoscritte, 3 cc./3 pp.

Concorso per il nuovo Municipio di Spilamberto. Premesse generali allo studio dell’edificio, bozza. Dattiloscritto con integrazioni e correzioni manoscritte, 11 cc./11 pp.

Idem. Dattiloscritto con integrazione manoscritta, 8 cc./8 pp.

Concorso per il nuovo Municipio di Spilamberto, relazione di progetto, bozza. Dattiloscritto con correzioni e integrazioni manoscritte, 27 cc./27 pp.

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