Architettura, Urbanistica e Design (1924-1973)

op. 47 – Studio di «Città razionale», 1930

opera 47

Studio di «Città razionale», 1930

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«Prima di fare un’esposizione dettagliata del seguente studio per una Città razionale, occorre fare una premessa. Il tema è stato proposto e impostato su dati in parte generici e quindi risolto come schema teorico preliminare, destinato ad un futuro, possibile sviluppo su elementi reali» (P. Bottoni, [Nuova “città razionale”], p. 1, dattiloscritto in APB, Documenti). Anche se si tratta solo di uno schema teorico rimasto sulla carta, che Bottoni – va detto – mai cita tra le sue opere di urbanistica, lo studio di “Città razionale” conserva un suo interesse. I tre disegni e la relazione dettagliata che lo compongono rappresentano infatti la prima esperienza professionale che Bottoni compie da solo in campo urbanistico e senza la quale non sarebbe possibile ricostruire le continuità e le rotture che hanno segnato l’evolversi della sua riflessione sulla città nel corso del tempo. In questo piccolo studio Bottoni sembra essere infatti ancora lontano da quella concezione urbanistica, che andrà maturando nel giro di pochi anni, secondo la quale l’architettura razionale non può darsi se non in un lottizzamento razionale. Certo il problema da risolvere era qui molto particolare: come realizzare in un’area di 80 ettari alle porte di Milano un insediamento esclusivo per «una élite di famiglie di censo elevato […] capace […] di esercitare la più potente attrattiva in concorrenza alle costruzioni di carattere cittadino». Per offrire «quelle organizzazioni ed annesse costruzioni nelle quali i cittadini della nuova città trovino quanto nell’agglomerato milanese non è possibile trovare” (ivi, p. 2), Bottoni propone una città giardino su impianto romano, con case razionali e un cuore lecorbusieriano: un ibrido in cui tradizione e modernità, modelli accademici e utopie tecnologiche, disancorati come sono da ogni riferimento al contesto, sembrano qui esibiti semplicemente come un repertorio di forme in un manuale. Dettata da ragioni di contesto è solo la scelta di collocare all’interno dei lotti l’edilizia più signorile a villa e sul perimetro dell’area l’edilizia più economica e più intensiva, a due, tre piani, per ceti medio borghesi. Questa sorta di barriera avrebbe infatti evitato alla nuova città giardino di risultare in un futuro prossimo “disambientata” in una periferia destinata dalla pratica edilizia di allora a costruzioni popolari e non di lusso. Per il resto, cardi e decumani dividono l’area ortogonalmente in lotti tutti uguali come se si trattasse di una antica città di fondazione mentre in realtà essi svolgono la funzione di assi infrastrutturali pensati per un grosso traffico automobilistico e per questo modernamente suddivisi “in strisce e zone di verde per i vari tipi di transito” (ivi, p. 4).Una fascia interna che ricorda il Ring viennese, ma simile anche per certi versi alla pianta della Villa Latina, collega i lotti al centro e diventa la sede degli edifici pubblici e della “moderna attrezzatura igienico-sportiva ana1oga a quella dei più moderni aggruppamenti consimili americani, inglesi e tedeschi” (ivi, p. 1). Qui è prevista persino la costruzione di un albergo-club “destinato a funzionare anche […] per quegli abitanti […] che per ragioni varie volessero per un certo periodo dell’anno sospendere la conduzione delle loro case private: per chi abbia la famiglia in campagna durante l’estate, per le persone di passaggio che non possono essere ospitate in casa, per scapoli, ecc.” (ivi, p. 4). Dentro al ring tutti gli edifici pubblici avrebbero dovuto far dipendere il loro “carattere modernissimo e il loro decoro e la loro importanza […] da un opportuno gioco di masse, di materiali, di luci ed ombre, e non da elementi presi a prestito ai Fori romani, ai palazzi fiorentini o alle costruzioni del Palladio, Piermarini o Cagnola” (ibidem). Per il cuore della città è invece il Le Corbusier della Ville Contemporaine pour trois millions d’habitants ad essere rivisitato: Bottoni infatti colloca al centro dell’area «un campo di aviazione […] per piccoli apparecchi da turismo”» (ivi, p. 3).Quanto alla organizzazione interna dei lotti, per «rendere variati, entro l’andamento ortogonale delle strade di grande transito, l’ambiente e le prospettive dei passaggi per il piccolo transito» (ibidem), viene ripreso l’impianto pittoresco della città giardino e l’andamento sinuoso delle strade di certi quartieri milanesi come il villaggio Campo dei Fiori e il Villaggio «LaPostelegrafonica».Infine per dare forma alle case, sia che si tratti delle ville signorili isolate nel verde interno ai lotti, sia che si tratti delle palazzine medio-borghesi a due o tre piani dislocate sul perimetro dell’area, il tipo di costruzioni previsto da Bottoni è «quello che va sotto il nome di costruzione razionale. Avrà cioè carattere essenzialmente chiaro e lineare, senza nessun richiamo a nessuno stile passato ma sarà solo una tipica espressione della necessità e della tecnica del nostro tempo. Saranno in queste case impiegati i più moderni materiali e sistemi costruttivi. Dato il carattere a giardino della città, saranno particolarmente studiati gli effetti ambientali ritraibili dalla compenetrazione del giardino nella casa. Tutti i servizi igienici e casalinghi più moderni faranno di queste case dei luoghi di estrema comodità e facilità di conduzione. Così gli armadi a muro sostituiranno nella quasi totalità i mobili delle case. Le cucine saranno tutte di un tipo unico riguardo l’allestimento e verranno fornite complete di arredamento […] e standardizzate secondo un tipo uguale o analogo a quello presentato dall’autore alla Casa elettrica di Monza» (ivi, p. 4). Unica concessione all’individualismo borghese è la previsione, nella costruzione delle ville, di una «maggiore varietà di tipi sia per le piante come per gli alzati», anche se però avrebbe dovuto «restare costante l’unificazione dei mezzi costruttivi e degli elementi componenti la casa (porte, finestre, tipo di copertura a terrazzo impermeabile e giardino pensile, scale interne o esterne, solai e rivestimenti termici, vernici ecc.)» (ibidem).L’attenzione che Bottoni dedica in questo suo studio urbanistico ai temi della casa moderna è una dimostrazione che egli giunge a maturare la scelta razionalista dall’interno dei problemi dell’abitazione molto prima che da quel]i della città. Ma costituisce anche una prova che lo schema di «Città razionale», giunto a noi senza data, non può essere altro che il «progetto per la nuova città» di cui parla Bottoni in una lettera del 22.9.1930 (copia in APB, Corrispondenza). Nella stessa lettera egli scrive infatti che «qualora possa avere effettivo e costruttivo seguito il progetto di massima che per ragioni di tempo e di unità ho creduto meglio studiare da solo, a svolgere i progetti particolari delle costruzioni desidero vengano chiamati anche i miei colleghi, architetti del gruppo 7 […]».

Graziella Tonon

In G. Consonni, L. Meneghetti, G. Tonon (a cura di) Piero Bottoni. Opera completa, Fabbri, Milano 1990, pp. 180-181.

G. T. [Tonon], Studio per una «Città razionale», 1930, in G. Consonni, L. Meneghetti, G. Tonon (a cura di), Piero Bottoni. Opera completa, Fabbri, Milano 1990, pp. 180-181.

1. Arch. ing. Piero Bottoni […], Milano, relazione di progetto. Dattiloscritto, timbrato, 5 cc./5 pp.

2. Idem, bozza. Manoscritto, 6 cc./11 pp.

3. Arch. ing. Piero Bottoni […], Milano, computo metrico estimativo. Dattiloscritto su modulo stampato, timbrato, 2cc./5 pp.

4. Idem, bozza. Manoscritto su modulo stampato, 2 cc./5 pp.

5. Idem, bozza e conteggi vari. Manoscritto, 3 cc./5 pp.

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