Architettura, Urbanistica e Design (1924-1973)

op. 63 – Progetto del quartiere Ifacpm Francesco Baracca in zona San Siro (nell’isolato compreso tra piazza Segesta, le via Paravia e Zamagna, piazza Esquilino e la via Stratico) a Milano, concorso, 1932, con Eugenio Faludi, Enrico A.Griffini e Giovanni Manfredi

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Progetto del quartiere Ifacpm Francesco Baracca in zona San Siro (nell’isolato compreso tra piazza Segesta, le via Paravia e Zamagna, piazza Esquilino e la via Stratico) a Milano, concorso, 1932, con Eugenio Faludi, Enrico A.Griffini e Giovanni Manfredi

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«[…] il clima diffuso nel concorso è basso […] la maggior parte dei concorrenti non ha ancora capito che cosa si voglia intendere per casa popolare. La necessità d’aria, di luce, di spazio, principalissima tra le necessità, par qui passata in seconda fila […] errore ancora più grave, seguire un criterio difforme nei vari edifici […] una casa popolare non è per chi passa in strada. Basta un’occhiata a nove su dieci dei progetti esposti per vedere che siamo su una strada falsa […]» (Piovene, 1932). Sono solo quattro i progetti che Guido Piovene salva dei 40 presentati alla fine di agosto del 1932 al concorso per il quartiere ultrapopolare Francesco Baracca a S. Siro: in ordine di citazione, quello di Bottoni, Faludi, Griffini, Manfredi; quello “pure ottimo” di Clausetti, Fornaroli, Benco e Romano; il progetto Bacciocchi e infine il progetto Albini, Camus, Palanti, Qovacs. Sono sostanzialmente i progetti che per la forma aperta del lottizzamento, per il tipo di orientamento, per la tipologia standardizzata, semplificata e a tetto piano delle case, e per l’uso del cemento armato, più di altri rispondono ai canoni del razionalismo. «Se uno [dei quattro progetti] trionfasse – conclude Piovene – avremmo almeno un primo esempio buono. Ma noi non abbiamo fiducia nella giuria. Non si fermerà, siamo certi, ai progetti più palesemente antiquati, non per comprensione, ma per una certa sensibilità diplomatica. Cadrà, temiamo, sopra un progetto finto moderno […]» (ibidem). La giuria era così composta: Giuseppe Borgomaneri, presidente dell’Istituto; Carlo Ragazzi, medico capo del Cornune di Milano; Francesco Massarelli e Carlo Chierichetti, ingegneri dell’ufficio tecnico dell’Istituto; Luigi Santarella e Giovanni Sacchi del Sindacato ingegneri; Ulisse Stacchini e Adolfo Zacchi del Sindacato architetti. Nonostante questi nomi non lasciassero molte speranze ai razionalisti, l’esito del concorso contraddice le profezie polemiche di Piovene, anche se, rivisto a distanza, quel giudizio risulta ancora oggi discutibile, sicuramente diplomatico e giocato sul «divide et impera». Nessuno infatti è ritenuto meritevole del primo premio. La giuria preferisce assegnare il secondo premio a tre progetti. I vincitori sono: F. Albini, R. Camus, G. Palanti e L. Qovacs con un progetto decisamente razionalista; l’ingegnere G. Angilella con una soluzione invece molto più tradizionale; gli ingegneri F. Natoli e A. Morone che presentano un quartiere dall’impianto planimetrico razionalista ma con una impostazione tradizionale quanto ai metodi costruttivi. Dieci progetti vengono inoltre giudicati meritevoli del terzo premio e altri due degni di una menzione. Se si analizzano tutti gli elaborati presentati al concorso, l’impressione è che una simile distribuzione di premi, più che dai meriti reali dei vari progetti, sia scaturita da una valutazione attenta solo a dosare gli equilibri tra le diverse correnti culturali e con l’unico scopo di tacitare le polemiche. Sicuramente con il verdetto emerso dalla Commissione giudicatrice un risultato viene ottenuto, perché dal fronte dei razionalisti non si levano grandi proteste per l’esclusione clamorosa e punitiva di Bottoni, Faludi, Griffini e Manfredi. Sono infatti gli unici di quella tendenza a non ricevere nessun tipo di riconoscimento, come se Bottoni e Griffini dovessero pagare lo scotto di essere, tra quei concorrenti, i soli noti ad avere assunto posizioni critiche nei confronti dell’edilizia economico popolare di tipo tradizionale. Il fatto non passa tuttavia inosservato e Ferdinando Reggiori pubblica su «Architettura» a fianco dei vincitori anche il progetto di Bottoni, Faludi, Griffini, Manfredi e quello del gruppo Consonni, Foltz, Rossi, spiegando che «benché non siano stati compresi nella classifica, ci sono apparsi degnissimi di nota […] vi son qui soluzioni d’insieme e particolari, sapori di forme architettoniche che davvero non sfigurano accanto ai lavori classificati» (Reggiori, 1930, p. 58).Il bando prescriveva che «lo studio architettonico, tecnico e pratico dovesse essere volto a risolvere nel miglior modo il problema dell’alloggio dal punto di vista dell’estetica, della tecnica, dell’igiene e della comodità, con speciale riguardo al costo, che si deve contenere nel minimo possibile, senza pregiudizio della stabilità e della durata della costruzione la quale deve essere semplice, ma eseguita con buoni materiali». Il progetto di Bottoni, Faludi, Griffini e Manfredi risponde a questi intenti attraverso l’applicazione delle teorie sulla standardizzazione e l’alloggio minimo che avevano già costituito oggetto di dibattito al Ciam di Francoforte nel 1929 e che poi Bottoni e Griffini riprenderanno negli Elementi di case popolari realizzati per la Triennale del 1933.L’interesse della soluzione proposta per il quartiere Baracca sta nel fatto che attraverso l’individuazione di quattro misure standard di locali, che variamente combinati formano i quattro tipi di alloggi ultrapopolari da 25, 33, 40 e 50 mq richiesti dal bando, i progettisti riescono sempre a garantire in tutti gli appartamenti un locale di soggiorno per la vita comune sufficientemente ampio. In particolare ciò è reso possibile dalla riduzione dello spazio da destinarsi alle camere da letto (15 mq per la camera matrimoniale e 8 mq per quella a due letti singoli) e dalla riduzione estrema dello spazio da destinarsi ai servizi (in tutto 5 mq suddivisi all’interno tra un ingresso, un gabinetto, un balcone e una nicchia per la stufa e l’acquaio, che negli alloggi dà direttamente sui soggiorno). Ma è proprio quest’ultima soluzione a sollevare le critiche della giuria. Essa afferma che al progetto «nuoce non poco l’illuminazione non diretta del vano appena differenziato dal locale di soggiorno e destinato alla cucina, vano in posizione troppo interna e con notevoli ombre e sacche d’aria» (Istituto per le case popolari, 1933, p. 16). Si trascura però che il risparmio di spazio consentito da quella soluzione non solo assicura anche al più piccolo appartamento un soggiorno ampio, ma che esso si è reso necessario per fare posto alla scala interna e per evitare il ricorso al ballatoio tanto vituperato dalla commissione giudicatrice. I ballatoi esterni di disimpegno agli alloggi vengono infatti considerati nella relazione di concorso «poco consigliabili e poco desiderabili in una casa popolare» e come tali ritenuti un elemento discriminante per entrare nella rosa degli eletti; ma il criterio non è poi applicato con coerenza, visto che tra i premiati troviamo più d’un progettista che al ballatoio ha fatto ricorso. Condivisibili sono invece le critiche che la giuria muove alle soluzioni date complessivamente da tutti i progetti razionalisti all’impianto urbanistico del quartiere laddove si fa rilevare che «il problema delle case popolari […] non può essere soltanto considerato analiticamente. L’alloggio tipo è fondamentale ma è anche cellula di un organismo più grande[…] l’orientazione dei fabbricati deve essere studiata il meglio possibile sempre però tenuto presente ove deve sorgere questo gruppo di edifici, in modo da ottenere un complesso armonico e ambientato […]» (ivi, pp. 16-17). Anche in questo caso non si ritrova però alcuna coerenza tra i giudizi espressi nella relazione e le scelte poi effettivamente compiute. L’unico progetto razionalista escluso è proprio quello meno radicale di Bottoni, Faludi, Griffini e Manfredi, dove maggiore è l’attenzione ai problemi dell’ambientamento e all’identità dell’isolato tradizionale. Il corpo basso che in questa soluzione chiude i fronti su strada, dove i fabbricati sono disposti perpendicolarmente, sembra infatti voler evitare proprio ciò che caratterizza sia il progetto Albini, Camus, Palanti, Qovacs sia il progetto Bacciocchi: vale a dire quella disposizione rigida e schematica che risponde unicamente alla regola dell’orientamento secondo l’asse eliotermico. Troppo poco per dare vita a uno spazio urbano degno di questo nome. Da questo punto di vista, nonostante la sua incoerenza nello stilare le graduatorie, bisogna riconoscere che la giuria tanto disprezzata da Piovene aveva invece visto giusto: «[…] la disposizione degli edifici paralleli tutti fra loro, situati normalmente a uno dei lati genera una monotonia esasperante nel viandante e una sensazione opprimente di incubo nell’abitante che è assolutamente in contrasto con lo spirito civile che deve informare la costruzione di qualsiasi casa popolare […] che fa pensare a padiglioni di ospedali, caserme, prigioni, stabilimenti […]» (ivi, p. 18).

Graziella Tonon

In G. Consonni, L. Meneghetti, G. Tonon (a cura di) Piero Bottoni. Opera completa, Fabbri, Milano 1990, pp. 193-195.

Istituto per le case popolari di Milano, Il concorso pel nuovo quartiere Med. d’oro Francesco Baracca a San Siro. Progetti di massima pel nuovo quartiere Med.. d’oro Maurilio Bossi in viale Molise, supplemento di «Rassegna di Architettura», a. V, n.2, 15 febbraio 1933.

Soluzioni moderne del problema delle case popolari, in «Domus», a. V, n. 59, novembre 1932, pp. 646-649.

G. Piovene, Uno sguardo ai progetti, in «Ambrosiano», 21.9.1932.

A. Goldstein Bolocan, Strutture di cemento armato per casamenti di carattere popolare, in «Industria italiana del cemento», a. IV, n. 12, dicembre 1932, pp. 394-399.

F. Reggiori, Il concorso per il Quartiere San Siro dell’Istituto delle case popolari di Milano, in «Architettura», a. XII, n. 1, gennaio 1933, pp. 43-58.

A. G. B., Brillante affermazione di forze giovanili per il progetto di un «Gruppo Popolare» a S. Siro, in «Il Monitore Tecnico», a XXXIX n. 1, gennaio 1933, pp. 593-596.

E. A. Griffini, Costruzione razionale della casa. I parte. Distribuzione, organizzazione, unificazione della casa, nuovi orientamenti, Hoepli, Milano 1946, pp. 75-77.

G. Consonni, L. Meneghetti, L. Patetta, Piero Bottoni. Quarant’anni di battaglie per l’architettura, numero monografico di «Controspazio,», a. V, n. 4, ottobre 1973, pp. 14-15.

G. T. [Tonon], Progetto del quartiere Ifacpm Francesco Baracca in zona San Siro a Milano […], in G. Consonni, L. Meneghetti, G. Tonon (a cura di), Piero Bottoni. Opera completa, Fabbri, Milano 1990, pp. 193-195.

Id., Piero Bottoni e Milano. Case, quartieri, paesaggi 1926-1970, La Vita Felice, Milano 2001.

G. Leyla Ciagà, La casa per tutti. La Triennale e la città, in G. Leyla Ciagà, G. Tonon (a cura di), Le case nella Triennale. Dal parco al QT8, Triennale Electa, Milano 2005, pp. 12-33.

Bibliografia a cura di Graziella Tonon

Istituto per le case popolari di Milano. Bando di concorso per il progetto di un gruppo di case popolari da erigersi in Milano, Milano 1 marzo 1932. Stampato con schizzi, 2 cc./7 pp.

Convenzione tra gli architetti Enrico A. Griffini, Piero Bottoni, Eugenio Faludi e Giovanni Manfredi. Dattiloscritto con correzioni manoscritte, firmato Piero Bottoni e altri, 1 c./1 p.

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