Architettura, Urbanistica e Design (1924-1973)

op. 152-1 – Ristrutturazione e arredamento di casa Bedarida in via Marradi a Livorno, 1936-37, con Mario Pucci

opera 152-1

Ristrutturazione e arredamento di casa Bedarida in via Marradi a Livorno, 1936-37, con Mario Pucci

op152 1 copertina

È la seconda casa livornese di Bottoni, situata poco lontana dalla prima, la villa Dello Strologo. Il committente è in questo caso uno studioso di cultura ebraica, Umberto Bedarida, intenzionato ad ammodernare l’involucro edilizio della sua vecchia casa e a rifare buona parte degli arredi. Con calibrate aggiunte e sottrazioni i progettisti modificano l’intero volto esterno della casa, mentre all’interno operano chirurgicamente su pochi, ma decisivi punti. Le facciate vengono liberate del vecchio involucro e quindi di ogni sagomatura ornamentale, dal finto bugnato alle fasce marcapiano; i vani delle finestre sono ridotti a spigoli vivi senza più davanzali e gocciolatoi protettivi; la stessa gronda viene eliminata e il tetto a falde è nascosto dietro l’innalzamento dei muri esterni. Semplificato l’involucro fino a dare l’idea di una nudità totale, nella facciata principale a sud vengono innestati un’esile pensilina e un balcone. Ne nasce una sorta di portale che inquadra l’ingresso e le due finestre ai suoi lati. L’accostamento tra un elemento razionalista e l’arco della porta produce una sintesi dal vago sapore novecentista che ricorda le prime esperienze professionali di Bottoni, in particolare lo studio per la ristrutturazione di una palazzina per uffici della fine degli anni Venti. Sulla facciata opposta rivolta a nord, una serra appoggiata alla casa, e prima accessibile solo dall’esterno, è trasformata in giardino d’inverno posto in diretta comunicazione con l’abitazione mediante due aperture. All’interno l’intervento edilizio più significativo è rappresentato dalla sostituzione della scala precedente, appoggiata ai muri, con una scala «a spirale a tutto sbalzo», cioè completamente isolata dalle pareti. Viene ristrutturato anche «il falso arco di canniccio e gesso» e la «falsa trabeazione in stile» (Una casa, 1938) che incorniciavano l’ingresso al vano-scala: le colonne in muratura vengono rese più slanciate e inquadrate in una sottile cornice in rilievo che aumenta la tensione verticale consentendo alla scala di apparire in tutta la sua aerea sinuosità. I materiali e i colori intervengono in modo sostanziale nella definizione dell’architettura di questo interno: «Le pareti sono in plastico battuto a spazzola colore giallo dorato e il pavimento è in botticino»; le colonne sono trattate a stucco lucido; le balaustre della scala sono in lastre di cristallo «incassate senza alcun montante in ferro e terminate da corrimano in legno di pero lucidato nero. Gli scalini sono rivestiti di marmo nero nube» (ibidem). La rigidità distributiva di questa vecchia, grande casa trova così nell’atrio e nella scala un fulcro che riorganizza e rianima i rapporti fra i diversi ambienti. Per il resto le opere edilizie all’interno si limitano a favorire la comunicazione tra la sala da pranzo e il soggiorno. Rilevante è invece il lavoro di progettazione dell’arredo che riguarda pressoché tutti gli ambienti del piano terreno e, al primo piano, la camera da letto dei genitori e quella dei ragazzi. Del piano terra va segnalata almeno la sala da pranzo sia per la coerenza che lega il tavolo ellittico alla lunga lampada traforata e all’acquaio ricavato nella parete, sia per la capacità di interagire con questi tre elementi espressa dalle sedie dall’alto schienale (già disegnate per villa Dello Strologo). Come a voler fare del pranzo un momento rituale attorno a cui la famiglia ritrova il suo magico focolare, il tavolo sprigiona luce dal suo piede cavo facendola filtrare sia lateralmente, dalle lastre di cristallo disposte alternate a strisce di legno sulle fiancate, sia verso l’alto, da una fessura aperta nel piano, in legno, protetto da un cristallo smerigliato. L’effetto surreale è esaltato dalla combinazione nel tavolo e nelle sedie dell’acero bianco con il pero lucidato nero. Anche gli arredi eseguiti al piano superiore meritano di essere richiamati. Nella camera da letto dei genitori due armadi di acero, disposti simmetricamente a fianco del letto eseguito nello stesso materiale, formano, con una pedana ricoperta in fustagno verde chiaro, una sorta di alcova distinta dal resto della stanza. Nella camera da letto dei due ragazzi la forma allungata della pianta offre lo spunto per una disposizione rigidamente simmetrica e per una differenziazione della zona studio, posta a più diretto contatto con la finestra, dal resto dell’ambiente: a saldare le due zone intervengono i fianchi delle due scrivanie che fanno anche da testata per i divani-letto e si aprono a mo’ di comodini nell’angolo che si viene a trovare a fianco del cuscino. Per lo stesso committente Bottoni e Pucci elaborano infine il progetto di uno «studio per scultore» che, con ogni probabilità, avrebbe dovuto trovare posto in un angolo del giardino della casa di via Marradi. Le costrizioni del contesto – l’addossamento obbligato al muro cieco e la necessità di contenere lo sviluppo in profondità – creano le condizioni per il concepimento di un organismo che ricorda per certi versi le costruzioni su lotti allungati di talune città mediterranee. All’architettura di questi contesti è d’altro canto ispirata la soluzione data al blocco scala-terrazzo e al rapporto interno-esterno della parte abitativa. Originale poi è la soluzione adottata per lo studio: ospitato in un parallelepipedo, esso trova grande luminosità su un lato interamente pensato in vetrocemento e nel quale è inserita una sottile finestratura orizzontale.

Giancarlo Consonni

In G. Consonni, L. Meneghetti, G. Tonon (a cura di) Piero Bottoni. Opera completa, Fabbri, Milano 1990, pp. 248-249.

Una casa risistemata, in «Domus», a. XVII, n. 131, novembre 1938, pp. 42-45.

Casa Bedarida a Livorno, in «Case d’oggi», a. XVIII, n. 1, gennaio 1940, p. 9.

G. C. [Consonni], Ristrutturazione di casa Bedarida in via Marradi a Livorno, 1936-37 […], in G. Consonni, L. Meneghetti, G. Tonon (a cura di), Piero Bottoni. Opera completa, Fabbri, Milano 1990, pp. 248-249.

D. Matteoni, Città e architettura: dalla “Livorno scomparsa” alla ricostruzione, in F. Cagianelli, D. Matteoni, Livorno, la costruzione di un’immagine. Tradizione e modernità nel Novecento, Silvana, Cinisello Balsamo 2003, in part. pp. 73-76.

Bibliografia a cura di Giancarlo Consonni

Casa Bedarida, Livorno, relazione descrittiva. Dattiloscritto, in due copie, 2 cc./2 pp.

Idem, bozza. Manoscritto con schizzi, 5 cc./10 pp.

Idem, bozza. Manoscritto, 4 cc./4 pp.

Didascalie, bozza. Manoscritto, 7 cc./8 pp.

PARAGRAFI

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