Architettura, Urbanistica e Design (1924-1973)

op. 77-1 – Arredamento di casa Contini a Ferrara, 1932

opera 77-1

Arredamento di casa Contini a Ferrara, 1932

op077 1 copertina

 

È uno dei capolavori di Bottoni. Come nelle sue opere più significative, la radicale innovazione formale è attenta al recupero dei caratteri dell’ambiente tanto che l’arredo modernissimo si presenta contemporaneamente come opera di restauro. La nuova, intensa personalità impressa alle forme non cancella l’antico respiro delle ampie stanze di questo appartamento ferrarese e anzi ne mutua e rinnova il senso di ospitalità. È la materia a porsi come tramite fra il vecchio e il nuovo: l’ontano nella stanza da letto, il noce chiaro nel soggiorno-pranzo, il legno laccato bianco in cucina sono i punti di partenza per la ricerca del tono alla cui unità sono chiamati a concorrere i volumi-colore. Nella camera da letto, l’ontano chiaro naturale, con cui sono realizzati i due letti che compongono il talamo nuziale, i comodini, la sedia, la toeletta-scrittoio (con i relativi sgabelli), e l’ontano lucidato a spirito dei due armadi fanno dell’insieme dei mobili una massa omogenea che si palesa come nascesse alla luce tra il grigio del pavimento in linoleum e il grigio-viola e il crema delle pareti. A sua volta l’inserirsi tra ombra e chiarore dell’intenso colore granata del copriletto e della stoffa degli sgabelli (e che si fa sfumato nel tappeto sotto le finestre) sembra confermare l’idea goethiana del colore che nasce tra luce e oscurità. Nel definirsi del tono dell’insieme, la materia può allora calarsi in forme precise, come fosse ordinata dalle sorgenti luminose delle due finestre, da cui sembra trarre la morbidezza delle superfici e la simmetria dei volumi. Così disposte, le coppie dei due letti accostati, dei comodini e degli armadi fanno da corona alle forme assolute di un semicilindro che, oltre a custodire segreti, si presta alle funzioni di toeletta e di scrittoio: in questo mobile gemellare la stanza trova il suo fulcro, il centro di un movimento di raccolta e dilatazione. La stessa invenzione poetica anima anche la sistemazione del locale di soggiorno-pranzo. L’intera stanza è articolata in tre parti dall’inserimento di un mobile disposto perpendicolarmente alla parete su cui si aprono le finestre. Ognuna di queste può così illuminare due luoghi ritagliati, atti a ospitare un gruppo ristretto di convitati in due distinti momenti: quello del pranzo, l’uno, e quello della conversazione e dell’ascolto della musica, l’altro. Il ritrovamento di misure appropriate per la convivialità trasforma i due luoghi in interni di un interno senza tuttavia compromettere l’unità della stanza, che assume una duplice propensione unitaria: quella di spazio che abbraccia a seconda delle occasioni, l’uno o l’altro dei luoghi di riunione e quello di spazio in cui questi ultimi si dilatano, come se l’intera stanza fosse conquistata dal lievitare dell’intesa amicale. La propensione unitaria è confermata dal combinarsi dei colori: al colore terra di Siena della carta e ai toni smorzati del noce chiaro, in cui sono eseguite tutte le parti in legno dei mobili, sono accostati il grigio e il grigioverde a strisce sfumate della stoffa delle sedie e del divano e il verde chiaro del piano in gomma del tavolo e della striscia di tappeto che attraversa l’intera stanza disegnando un ideale corridoio. Anche il compensarsi di complessità e semplicità lega reciprocamente le tre zone in cui la stanza è articolata. Al rigoroso nitore dell’angolo riservato al pranzo e alla nuda presenza del pianoforte nella zona più ampia fa da contrappunto la complessità della zona di ascolto della musica. Qui il mobile-parete mostra nella parte superiore l’interno di una libreria a vetri per concludersi in una vetrinetta disposta perpendicolarmente a restringere l’ingresso e destinata ad accogliere porcellane e vetri d’arte. La trasparenza di questo diaframma, accentuata dalla possibilità di illuminare di costa i ripiani su cui gli oggetti sono appoggiati, trova infine un’eco nel combinarsi del vetro e del legno sia nel tavolino sia nel mobile disposto al centro della parete opposta a quella delle finestre. Già nella parte a giorno, in cui sono visibili libri e servizi da caffè e da tè, quest’ultimo mobile mostra la sua disponibilità a entrambe le funzioni a cui la stanza è destinata. Le sue linee sono coerenti con l’insieme, ma esso non manca però di riservare sorprese, nelle quali Bottoni insinua il suo tocco d’ironia: uno dei ripiani a giorno, quello inferiore, è in realtà un passavivande, così come l’anta alta è in realtà una porta. In questo modo egli ha potuto risolvere il collegamento con la cucina senza che quelle aperture costituissero delle fastidiose intrusioni. Nella cucina infine vengono reinterpretati i mobili messi a punto da Bottoni in altri lavori, dalla cucina della Casa elettrica e quella di casa Bertolaia: identici sono gli elementi modulari, diversi la composizione e i colori. Qui, ad esempio, sui bianco del legno laccato è innestato il rosso delle maniglie di galatite e degli zoccoli e dei ripiani in linoleum. Vale la pena di ricordare la puntigliosità con cui questo arredamento è stato presentato in ogni suo particolare su «La casa bella» del giugno del 1932: le dieci pagine dell’ampio servizio, per il quale Bottoni elabora anche un montaggio fotografico per restituire l’ambiente di Ferrara, testimoniano come Pagano e Persico abbiano prestato a quest’opera l’attenzione che meritava. Anche fra il pubblico dei non addetti ai lavori essa riscosse notevole successo: «a Ferrara – scriveva Bottoni il 2 giugno 1932 al committente, l’avvocato Nino Contini, suo cugino – l’ammirazione è unanime e l’interesse vivissimo. Riceviamo proposte di visite dalle persone più disparate e meno obbligate a corvées di cortesia». Non meno importante è il parere dei diretti interessati, che troviamo telegraficamente espresso nella lettera appena citata (in APB, Corrispondenza): «Abbiamo cominciato ad abitare. La casa risponde bene a ogni esigenza». Il tutto è andato distrutto in un bombardamento dell’ultima guerra mondiale.

Giancarlo Consonni

In G. Consonni, L. Meneghetti, G. Tonon (a cura di) Piero Bottoni. Opera completa, Fabbri, Milano 1990, pp. 200-201.

[E. Persico], Ferrara: città del silenzio e il suo primo alloggio moderno, in «La Casa Bella», a. V, n. 54, giugno 1932, pp. 30-39, ora in E. Persico, Tutte le opere (1923-1935), a cura di G. Veronesi, II vol., Comunità, Milano 1964, pp. 84-85.

Mobili moderni, in «Moda», a. XIII, n. 9, novembre 1932, p. 41.

Mobili moderni, ivi, a. XIII, n. 10, dicembre 1932, pp. 56-57.

Praticità dei mobili moderni, in «Domus», a. V, n. 60, dicembre 1932, p. 742.

M. Albini, La cucina moderna, in «Casa e lavoro», a. VI, n. 2, febbraio 1934, pp. 38-40.

R. Aloi, L’arredamento moderno, Hoepli, Milano 1934, tavv. 685 e 687.

I. de Guttry, M. P. Maino, Il mobile déco italiano. 1920-1940, Laterza, Bari, 1988, pp. 94-99.

G. C. [Consonni], Arredamento di casa Contini a Ferrara, 1932, in G. Consonni, L. Meneghetti, G. Tonon (a cura di), Piero Bottoni. Opera completa, Fabbri, Milano 1990, pp. 200-201.

Bibliografia a cura di Giancarlo Consonni

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