Architettura, Urbanistica e Design (1924-1973)

op. 110 – Studio del quartiere sperimentale San Siro della Triennale di Milano, 1934-35, con Giuseppe Pagano e Mario Pucci

opera 110

Studio del quartiere sperimentale San Siro della Triennale di Milano, 1934-35, con Giuseppe Pagano e Mario Pucci

op110 copertina

 

L’interesse di questo progetto sta soprattutto nel fatto di costituire un’anticipazione del QT8, vale a dire dell’esperienza, unica in Italia, di un quartiere sperimentale promosso da un ente che fino ad allora aveva creato solo esposizioni effimere e costruzioni destinate a essere abbattute alla fine di ogni manifestazione. L’idea sembra essere stata sollevata già nel 1933 in un colloquio fra Bottoni e Giuseppe Pagano. In un’intervista rilasciata nel 1972 a Marina Rossi, Bottoni fa appunto risalire a quell’incontro l’intenzione «di promuovere un’iniziativa per un quartiere stabile al di fuori del parco di Milano […]». I due architetti evidentemente avevano come riferimento il Weissenhof di Stoccarda del 1927 e altre realizzazioni dimostrative che avevano rivestito una importanza non trascurabile nel far conoscere la nuova architettura. Ma è con l’ingresso di Pagano nel direttorio della Triennale, in sostituzione di Ponti, che l’idea sembra avere concrete possibilità di essere accolta. Come risulta da una lettera inviata da Bottoni e Pucci al presidente della Triennale Giulio Barella l’8.9.1935 (copia in APB, Corrispondenza), in un primo tempo, «uno studio di larga massima di carattere urbanistico per il cosiddetto Quartiere Triennale» fu eseguito dallo stesso Ufficio tecnico della Triennale. Potrebbe trattarsi del disegno datato 8.11.1934 e intitolato «Milano Quartiere Triennale» di cui esiste copia nell’Archivio Bottoni e che porta appunto stampigliato il timbro di tale Ufficio. Le testimonianze che Bottoni rilascia in diverse occasioni non consentono di identificare con certezza gli autori di questo piano di massima. È tuttavia probabile che il disegno sia opera dell’ing. Ferruccio Franco dell’Ufficio tecnico della Triennale e che alla sua elaborazione abbia partecipato Giuseppe Pagano, mentre è incerta la partecipazione di Bottoni e Pucci. Sta di fatto che una lettera inviata da Bottoni a Pagano il 19.3.1935, di cui è conservata copia nell’Archivio Bottoni, ci informa di uno scambio in corso fra i due architetti per una ripresa del programma iniziale: «non so bene – scrive Bottoni – se devo farti riavere quelle note che mi hai dato per il Q[uartiere] Triennale. Nel dubbio te le rimando. Sto studiando il piano e non appena qualcosa di definitivo vi sarà te ne farò avvisato». Il frutto di questa collaborazione è con tutta probabilità riassunto in due tavole in scala 1:2000, anch’esse conservate nell’Archivio Bottoni. La prima, datata 4.5.1935 e firmata solo da Bottoni e Pucci, ha il carattere di una variante al piano regolatore e, con alcune modifiche e una maggiore specificazione delle destinazioni funzionali, riprende proprio lo schema dell’Ufficio tecnico della Triennale; la seconda, non datata e con indicati nell’ordine i nomi di Bottoni, Pucci e Pagano, è invece un planivolumetrico piuttosto dettagliato che, nell’impianto viario e nelle destinazioni funzionali, appare come uno sviluppo coerente della prima. È probabile che Pagano in queste ultime elaborazioni si sia limitato a fare da consulente e a sostenere la proposta prima presso la Triennale, e poi anche presso le autorità cittadine. È questo almeno quanto possiamo dedurre da una lettera che Bottoni invia a Pagano il 12.11.1936 e nella quale si legge: «ti consegno due copie del nostro piano per il Quartiere S. Siro, ho fatto aggiungere il Tuo nome come d’accordo. Fammi sapere subito qualcosa. Sono a disposizione per una eventuale visita al Prefetto con altri materiali Urbanistici» (copia in APB, Corrispondenza). Evidentemente, fallito il tentativo coinvolgere la Triennale come ente promotore dell’iniziativa, Bottoni e Pagano si adoperano per far accettare il piano al rappresentante del governo, nella speranza che questi lo imponga al podestà. La ragione per cui non si rivolgono direttamente a quest’ultimo sta nei rapporti non idilliaci intrattenuti con i responsabili della politica urbanistica comunale, a cui Pagano e Bottoni non risparmiano critiche aperte e pungenti nelle loro pubblicazioni e nelle commissioni del Sindacato architetti. Del resto lo studio di massima del nuovo quartiere interviene polemicamente proprio in una di quelle zone che il Piano Albertini destina a quartieri giardino e nelle quali Bottoni vede espressa l’«urbanistica decorativa, grafica o erroneamente concepita in funzione di problema esclusivo di sfruttamento delle aree cittadine» (P. Bottoni, Urbanistica, Milano 1938, p.63). Contro i «merletti» dell’Albertini, il planivolumetrico di Bottoni, Pucci e Pagano tenta di delineare un impianto rigoroso non solo nel tracciamento delle strade e nella lottizzazione, ma nei rapporti funzionali fra residenza e servizi. Si avverte infatti chiaramente lo sforzo di evitare la perdita di qualità che affligge le espansioni urbane; una questione che sarà posta al centro dei progetti delle Quattro città satelliti e del QT8. Assunto come argine meridionale l’ippodromo, il progetto utilizza la presenza dell’Olona per creare una spina verde, che, staccandosi a un certo punto dal fiume, svolta quasi di 90 gradi per confluire in una piazza dominata dalla presenza della chiesa e del cinema, e nella quale si affacciano da un lato il mercato e dall’altro gli spazi attrezzati a funzioni sportive, concepiti come prolungamento dell’area del Lido. Attraverso una oculata disposizione, la residenza è dunque posta a diretto contatto con il verde, i servizi sociali e gli spazi collettivi, mentre è protetta dal traffico di attraversamento, convogliato sui viali laterali. Una analoga qualità di rapporti funzionali e spaziali è poi garantita anche per le espansioni successive, il cui carattere urbanistico è intuibile dal tracciamento della maglia viaria che si estende oltre la zona su cui insiste il planivolumetrico. Interessante è anche la distribuzione dei tipi edilizi. Se la individuazione di una gerarchia sociale è il segno di una adesione alla logica corporativa, questa è in parte contraddetta dalla scelta di far convivere in una stessa zona tutti i ceti. Anche per come il quartiere sperimentale è raccordato alla città esistente, si avverte una attenzione all’integrazione ben diversa da quanto si può riscontrare nei progetti successivi delle Quattro città satelliti, dove l’obiettivo dell’autosufficienza finisce per tradursi in una separazione dei nuovi quartieri dalla città. Quando Bottoni, sulla medesima area, riprenderà la proposta di un Quartiere sperimentale per l’Ottava Triennale, ripartirà proprio dagli elementi portanti di questo primo progetto e in particolare dal problema della saldatura con la città.

Giancarlo Consonni

In G. Consonni, L. Meneghetti, G. Tonon (a cura di) Piero Bottoni. Opera completa, Fabbri, Milano 1990, pp. 228-229.

P. Bottoni, Il Quartiere Sperimentale Triennale QT8, in «Edilizia Moderna», a. XXIII, n. 46, giugno 1951, pp. 59-74.

Id., Il quartiere sperimentale della Triennale di Milano. QT8, Domus, Milano 1954, p. 17.

M. Rossi, Il QT8 un esperimento di architettura e urbanistica, tesi di laurea, relatore M. Rosci, Università statale di Milano,1972.

G. Consonni, G. Tonon, Architetture per la metropoli: 1934-1940, in Aa.Vv., 1930-1942. La città dimostrativa del razionalismo europeo, a cura di L. Caruzzo e R. Pozzi, Angeli, Milano 1981, pp. 272-299.

G. C. [Consonni], Studio per un quartiere sperimentale della Triennale di Milano, 1934-35 […], in G. Consonni, L. Meneghetti, G. Tonon (a cura di), Piero Bottoni. Opera completa, Fabbri, Milano 1990, pp. 228-229.

G. Tonon, QT8: urbanistica e architettura per una nuova civiltà dell’abitare, in G. Leyla Ciagà, G. Tonon (a cura di), Le case nella Triennale. Dal parco al QT8, Triennale Electa, Milano 2005, pp. 34-103.

Bibliografia a cura di Giancarlo Consonni

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