Architettura, Urbanistica e Design (1924-1973)

op. 147 – Ufficio per piccole aziende a orario unico alla VI Triennale di Milano, 1936

opera 147

Ufficio per piccole aziende a orario unico alla VI Triennale di Milano, 1936

op147 copertina

«[…] sorgono, giorno per giorno, problemi nuovi che vogliono nuove soluzioni. Quest’inverno gli uffici hanno applicato l’orario unico e lo adotteranno nell’inverno prossimo; tenendo conto che non dovunque si può allestire un refettorio, come dev’essere sistemato un ufficio perché con pulizia e dignità gli impiegati vi possano consumare la colazione? Alla Triennale si esamina la questione da un punto di vista negativo e da uno positivo: si mostra l’arredamento dell’ufficio come non deve essere (pavimenti non continui e freddi, pareti e mobili macchiabili, illuminazione naturale scarsa, e artificiale abbagliante) e l’arredamento dell’ufficio come deve essere, ossia reso egualmente adatto al lavoro e alla refezione»: così il «Corriere della Sera» del 21.8.1936 riassumeva i proponimenti all’origine di questo ufficio significativamente inserito nella Mostra dell’abitazione. Si tratta di una realizzazione dimostrativa che, in tempi di esasperata divisione dei saperi quali quelli attuali, può apparire il frutto del lavoro interdisciplinare di una équipe di specialisti. Vi si potrebbe infatti riconoscere l’apporto di esperti in svariati campi: dall’organizzazione del lavoro all’ergonomia, dalla tecnologia dei materiali alla psicologia del lavoro, dalle human relations alla pedagogia. Ma, se alcune di queste discipline conoscevano in quegli anni una discreta fortuna in ambienti industriali avanzati –si pensi all’Olivetti e alla Magneti Marelli – quelli erano anche tempi in cui l’attenzione e la dimestichezza con la realtà quotidiana consentivano all’architetto di trovare con tempestività soluzioni ai problemi pratici insorgenti nella vita di molti lavoratori: l’architettura dunque poteva aspirare a dare un volto alle cose e un aspetto agli ambienti dove le necessità portano gli uomini a passare il loro tempo, non in quanto sapere in grado di operare una sintesi di apporti specialistici o di sostituirsi a questi in nome dell’autonomia disciplinare, ma semplicemente in quanto pratica in grado di ascoltare la vita fin nelle piccole questioni di ogni giorno. Se poi negli enunciati programmatici dello stesso Bottoni si può talvolta intravedere una adesione acritica al taylorismo e al fordismo imperanti, le sue soluzioni architettoniche dissolvono ogni ombra di dottrinarismo nella straordinaria carica di umanità e di dignità che gli oggetti e gli interni trasmettono. Si veda intanto l’attenzione posta in questo ambiente alla luce e al colore: per la prima, la raccomandazione di garantire in abbondanza la luce naturale e di eliminare le sorgenti abbaglianti; per il secondo, la scelta di tonalità riposanti ottenute accostando al legno di rovere naturale il verde del ripiano delle scrivanie, e alle pareti chiare un pavimento in tinta unica «non fredda». Ma dove il taylorista lascia decisamente il posto all’inventore geniale, capace di trasformare le necessità in occasioni per una trovata che invita subito al sorriso, è nel mobile pensato per rendere possibile la refezione in quelle aziende che per le loro stesse dimensioni non possono offrire un servizio mensa. «La soluzione – commenta in un servizio sulla VI Triennale A.C. Zuffellato – è pratica ed elegante: un mobiletto chiuso e per nulla ingombrante si trasforma all’occorrenza da ripostiglio per una posata ed alcune stoviglie in tavolinetto da pranzo». Il «mobile da refezione», progettato per l’occasione assieme alle scrivanie e alle poltroncine girevoli (che ripropongono in questa versione quelle studiate nel 1932 per la sala da pranzo di casa Dello Strologo), si aggiunge alle già numerose prove d’invenzione «tipologica» fornite da Bottoni nel campo degli arredi: ancora una volta un mobile che è anche un personaggio, la cui compostezza, discreta nelle ore di lavoro, rivela nell’intervallo del pranzo un luminoso interno attorno al quale quattro impiegati possono provare a dimenticare la parola «collega».

Giancarlo Consonni

In G. Consonni, L. Meneghetti, G. Tonon (a cura di) Piero Bottoni. Opera completa, Fabbri, Milano 1990, pp. 243-244.

Guida della Sesta Triennale, Milano 1936, p. 30.

Vivere in una bella casa. Il pubblico alla Triennale, in «Corriere della Sera», 21.8.1936.

A. C. Zuffellato, La VI Triennale. Abitazione e arredamento, in «Il Ventuno», a. V, n. 39, agosto-settembre 1936, pp. 24-27.

R. Giolli, La mostra dell’abitazione, in «Casabella», a. IX, n. 106, ottobre 1936, pp. 24-25, ora anche in Id., L’architettura razionale, a cura di C. De Seta, Laterza, Bari 1972, pp. 214-217.

Ufficio ad orario unico, in «Domus», a. IX, n. 107, novembre 1936, p. 48.

G. C. [Consonni], Ufficio per piccole aziende a orario unico alla VI Triennale di Milano, 1936, in G. Consonni, L. Meneghetti, G. Tonon (a cura di), Piero Bottoni. Opera completa, Fabbri, Milano 1990, pp. 243-244.

Bibliografia a cura di Giancarlo Consonni

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