op. 9 – Progetto di una fontana in piazza della Scala a Milano, concorso, 1927-28

opera 9

Progetto di una fontana in piazza della Scala a Milano, concorso, 1927-28

Scheda storico-critica

Nel 1927 la Fondazione Boito Vittadini della Accademia di Brera indice un concorso «accademico», a puro titolo di studio, per la progettazione di una fontana in piazza della Scala. Il concorso non poteva che incontrare l’interesse di Bottoni. Sullo stesso tema, anche se in tutt’altro contesto, si era infatti già cimentato da studente con «Il fiore maturo», un coloratissimo disegno di fontana a sezione conica che riprende in forme semplificate, quasi stilizzate, l’immagine di una corolla. Del resto proprio quello stesso elemento è il protagonista dei primi abbozzi di progetto: lo troviamo, in una versione, collocato al centro della piazza, in un’altra è ripetuto due volte a segnare gli estremi della diagonale tra la Galleria Vittorio Emanuele e la Scala, e in una terza variante forma una quinta di tre fontane di fronte a Palazzo Marino. Via via però che si succedono gli schizzi e ci si avvicina alla soluzione finale, l’immagine del fiore perde d’importanza, si rimpicciolisce, fino quasi a scomparire in cima alla colonna centrale della fontana, niente più che un elemento decorativo, una piccola citazione organica dentro una metafora ormai prevalentemente meccanica. Scrive infatti Bottoni nella relazione di progetto (manoscritto in APB, Documenti): «Il presente progetto, a una logica soluzione planimetrica che tenga veramente conto di tutte le reali necessità del traffico nelle sue più varie manifestazioni, vuole unire una soluzione di estetica moderna che, pur non essendo ripetizione di stili e di forme già usate, ritrovi nei volumi, nelle masse e nelle sagome, tagliate e polite dalle macchine sapienti, la grande tradizione classica. Colle sue forme meccaniche così ricondotte ad armonizzare con altri modelli d’arte che già nella piazza esistono, questo monumento sarà espressione della forma d’attività della nostra epoca e della nostra città in particolare». Classicismo meccanico è il significativo motto con cui Bottoni presenta gli elaborati e che susciterà, per altro, le riserve di Enrico Griffini il quale, pur riconoscendo a Bottoni che il suo progetto era «senza dubbio il migliore: chiaro e logico e ben aderente all’unico programma di architettura oggi possibile», gli chiederà: «Perché nel suo progetto quella nota: classicismo meccanico? Quel meccanico mi sembra un’arma a doppio taglio che potrebbe nuocere. Non sarebbe meglio dire: classicismo rinnovato, o razionalismo architettonico o… trovare qualcosa di meglio?» (lettera di E. Griffini, 6.3.1928, in APB, Corrispondenza). Ma il riferimento al termine meccanico non rappresenta per il giovane architetto un gioco nominalistico. Nel 1927-28 su Bottoni esercita un notevole fascino l’ideologia della città macchinista propugnata da tempo dai futuristi ma sostenuta anche, ad esempio, col suo piano per Milano, da Portaluppi (con il quale, non va dimenticato, Bottoni collabora appena laureato, sia pure solo come disegnatore). D’altro canto Bottoni non ha maturato ancora autonomi strumenti di analisi dei fatti urbani che gli consentano di andare oltre la riflessione e la critica sui valori estetici della città. Sta di fatto che l’apertura della nuova trasversale da S. Babila a piazza della Scala — la quale, come è noto, veniva allora giustificata per snellire il traffico meccanico e che sarà invece fonte di nefaste conseguenze per il centro storico di Milano —non lo vede tra gli oppositori, per altro poco numerosi. Al contrario Bottoni, come scrive nella relazione di progetto, sceglie di collocare la sua fontana al centro della piazza, proprio perché a causa di quella «apertura», «la piazza dovrà sempre mantenere il senso unico di circolazione». Inoltre non esita ad allargare per i veicoli, sia pure «leggermente la sede stradale in confronto a quella effettivamente godibile oggi, cosicché colla nuova sistemazione essi potranno, nella loro propria ed esclusiva sede, circolare più velocemente». Certo gli va riconosciuta anche la preoccupazione di garantire alla circolazione pedonale un «grande marciapiede-banchina (sopra elevato dal piano stradale, di cm 10) […] in modo da sottrarla quasi completamente alla sede stradale destinata ai veicoli». Ma il marciapiede-banchina non è una piazza pensata per la sosta e il riposo dei passanti. Il suo disegno sembra piuttosto concepito per obbligare al transito, in particolare per incanalare e facilitare le due «fortissime correnti pedonali» che attraversano lo spazio in diagonale: «la maggiore […] dalla Galleria V.E. a via Manzoni, la seconda, pure diagonale, dal largo S. Margherita a via Case Rotte (in avvenire alla trasversale p. Scala-S. Babila)». Ciò che resta estraneo a questo flusso, cioè «i trapezi curvilinei nella zona morta della circolazione, sulla banchina rialzata», viene dal progetto destinato durante la stagione scaligera a sosta dei veicoli. È dunque il movimento, veloce, frenetico, macchinale — orientato diagonalmente nel caso dei pedoni, in senso rotatorio nel caso delle auto — il tema vero di questo discutibile progetto e la fontana sembra esserne il monumento celebrativo. Nonostante i cinque cilindri accorpati nella parte centrale della fontana siano reinterpretazioni di colonne e le quattro sculture femminili appaiano riprese da un repertorio classico, la loro composizione non ha più nulla infatti della colonna a cantina che Bottoni da studente ha studiato e disegnato e che nella fase di avvio del progetto sembra costituire l’altro punto di riferimento attorno a cui si snoda il filo dei suoi pensieri. Le figure femminili che nell’antica colonna facevano da corona alla sommità e che in alcuni schizzi preparatori di Bottoni stanno ancora, sia pure separatamente, sulla cima dei cilindri minori, nella soluzione definitiva sono state deposte quasi tra la gente a indicare ai passanti il senso della direzione da prendere, come una sorta di metafisico spartitraffico. Basta però osservarle dal punto di vista del movimento rotatorio previsto per le auto per capire che le enigmatiche figure non sono altro che i personaggi di una giostra e la giostra una metafora proprio del flusso macchinale: alternate quasi identiche a quattro identici volumi cilindrici, le sculture stanno infatti sul basamento circolare come su una pedana, che il movimento vorticoso delle auto sembra poter far girare attorno all’elemento centrale quasi fosse un perno. Anche in questo caso, come già il colore per gli obelischi progettati nell’ingresso monumentale alla Fiera, di cui pure qui si sente l’eco, il trattamento delle superfici sembra voler togliere quella certa aria greve tutta Novecento del gioco dei puri volumi, per proiettarli in una modernità più futurista. L’uso di «tre toni di colore […] il più scuro per il cilindro centrale, il medio per l’elemento terminale, il più chiaro per il resto» stacca le statue e le colonne dal corpo al centro, a cui sono addossate, e ne rafforza il giro-tondo dando loro più leggerezza. Un velo d’acqua avrebbe inoltre dovuto bagnare la massa cilindrica centrale traboccante dalla sommità, mentre la luce proveniente dalle «coppe di vetro porcellana, coperte di un piatto di lamiera di protezione e contenente una corona di lampadine» e collocate sugli «elementi colonnari» più bassi, avrebbe tolto certo consistenza al volume centrale, soprattutto di notte, trasformando la giostra in una architettura luminosa. Il progetto viene premiato dalla giuria insieme ad altri cinque. Riceve però nella graduatoria il riconoscimento di minor valore; in compenso A. Libera e G. Minnucci lo pubblicheranno, unico tra i vincitori, su «Modernità», a illustrare insieme a lavori di altri le forme del nuovo spirito razionale.

Graziella Tonon

In G. Consonni, L. Meneghetti, G. Tonon (a cura di) Piero Bottoni. Opera completa, Fabbri, Milano 1990, pp. 152-154.

Regesto dei documenti scritti

1. Relazione di progetto, bozza. Manoscritto, 2 cc./ 7 pp.

Bibliografia

 G.M., Il concorso Boito Vittadini della Accademia di Brera per una fontana in piazza della Scala in Milano, in «Architettura e arti decorative», a. VII, n. 12, agosto 1928, pp. 405-413.

G. Minnucci, A. Libera, La Prima Esposizione dì Architettura Razionale, in «Modernità», a. I, n. 3, aprile-maggio 1928, pp.45-56.

G. Tonon, «Estetica d’assieme». La complessità del razionalismo nei documenti dell’Archivio Piero Bottoni, in Aa.Vv., Il disegno di architettura, Atti del Convegno, febbraio 1988, a cura di P. Carpeggiani e L. Patetta, Guerini e associati, Milano1989, pp. 109-114.

G. T. [Tonon], Progetto per una fontana in piazza della Scala a Milano, concorso, 1927-28, in G. Consonni, L. Meneghetti, G. Tonon (a cura di), Piero Bottoni. Opera completa, Fabbri, Milano 1990, pp. 152-154.

Bibliografia a cura di Graziella Tonon

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